DAVIDE SORTE

Presenta

DOSSIER SULLA VIA EMILIA

 

L’Emilia: strada consolare romana dalla ben nota biografia, luogo di transito descritto dai turisti europei nei loro resoconti di viaggio dal XVI secolo in poi, spazio e atmosfera più volte fissato nei magici scatti di Luigi Ghirri e Olivo Barbieri, cassa di risonanza del pianto adulto e senza speranza di Pier Vittorio Tondelli e Simona Vinci, arteria di collegamento tra Milano e Rimini  si è configurata nel tempo come  la spina dorsale di un territorio ricco e aperto ad ogni forma di emancipazione. Sempre al centro di importanti riflessioni, approfondite a più livelli, la via Emilia può a buon diritto essere assunta come simbolo del nostro tempo o meglio dell’era postindustriale, obiettivo dominante dei progetti politici di una regione che ha sempre cercato di conciliare il tema dell’identità tradizionale con la modernità e le sue inquietanti richieste.

Già nella prima metà degli anni Ottanta del secolo scorso, intellettuali e amministratori si interrogavano sul futuro della via Emilia, ormai individuata al centro di quelle ampie trasformazioni che coinvolgendo popolazione e territorio, sono oggi sotto gli occhi di tutti. A quel tempo, un disegno istituzionale come l’S.M.P.(Sistema Metropolitano Policentrico), poneva in evidenza la qualità di un percorso di crescita basato sulla coniugazione di almeno tre indispensabili fattori: mobilità sociale, sistema politico e mondo economico. Quel percorso era allora nella sua fase nascente e le chances previste erano assai attraenti , come: migliore qualità urbana, disegni di trasporti intercity, sistemi di infrastrutture e servizi, progetti integrati d’area e così via. La complessità del progetto non tardò a delinearsi già nella sua prima fase attuativa,  quando cioè bisognava determinare le regole e i metodi circa:

a)     L’impiego delle risorse, b) L’individuazione delle aree territoriali da destinare a settori di attività, c) Le norme di tutela dell’ambiente dai furori dell’aggressione antropica, d) Il superamento del binomio sviluppo/sottosviluppo secondo cui dove non c’è industria c’è arretratezza per avviare un modello economico più basato sulle diversificazioni e sulle potenzialità locali.

 

Il risultato che gli attori politici  a quel tempo ipotizzavano era che un’area grande quanto una regione dovesse possedere ambienti socio-economici qualitativamente conformi ai modi di produzione e scambio vigenti sul piano internazionale. In

definitiva, l’Emilia Romagna, sarebbe dovuta diventare un sistema di città, anziché un insieme, una forma avanzata di organizzazione sociale, ricca abbastanza per consolidare l’identità dei centri urbani legati funzionalmente tra loro.

Oggi, a distanza di un trentennio, risulta ancora difficile delineare globalmente quel progetto, tutt’ora  in affannosa fase di realizzazione.

La via Emilia, Decumanus Maximus , attraversa città e paesi in cui risiede più del 60% della popolazione  regionale e la sua vocazione di asse ordinante e collegante, sebbene declassata dall’autostrada, si riconferma all’interno di un sistema divenuto tragico, quello “metropolitano policentrico”.

Davide Sorte ha percorso la via Emilia per fissare in questi scatti lo stato dei luoghi, i colori, gli ardimenti compositivi di una architettura senza charme e funzioni, le proporzioni di cantieri connotati da un vuoto gigantismo, le strade che prima non c’erano, le massicciate per treni superveloci e tutt’attorno  una campagna vilipesa che fa capolino come arida sterpaglia. Chilometri di capannoni, aree recintate, muri di container, silos di materiale edile, cataste di tondino metallico per armature ecc. l’elenco è lungo e l’insieme forma  una barriera continua che preme i fianchi della strada e il nostro sguardo sempre più costretto ad una guida assuefatta. Nulla ci affascina, al contrario tutto ci addolora nella consapevolezza che probabilmente nell’Agorà i temi dello sviluppo e della trasformazione non sono stati abbastanza condivisi.

NERI SACCANI

L’autore si  descrive

Sono nato in Sicilia nel 1972 ed ho vissuto in diverse regioni d’Italia.

Attualmente dal 2000  vivo a Reggio Emilia , mi occupo di fotografia di reportage locali, in particolari eventi sportivi e cerimonie.

Ho fatto molta  esperienza nella foto documentaristica, a livello locale, e collaboro sporadicamente con alcuni studi fotografici di Reggio. Per passione mi piace raccontare i luoghi in cui vivo, le sfumature delle abitudini della gente , i mutamenti continui dei nostri paesaggi  soffocati dall’ inarrestabile opera del progresso tecnologico che invece di migliorare il comfort e  il benessere della gente , diventa al contrario,  una vera e propria fonte di speculazione……. .