Le ragioni

Il Circolo Gulliver con questo evento-viaggio intende:

a-  accompagnare i propri affezionati spettatori alla ricerca delle location dei film girati  nel nostro territorio negli ultimi 50 anni;

b-  proporre delle considerazioni su: regie, riprese, interpreti, stato dei luoghi e trasformazioni del paesaggio;

c- documentare con un video.

Prologo

“Siamo passati da Dosolo, dove c’è un cinema chiuso, con le vetrinette senza più l’insegna. E Sironi ha fatto questo commento: ” Il cinema era bello una volta soprattutto  nei paesi di campagna, lì faceva pensare e immaginare molto. Adesso nei paesini tutti i cinema stanno chiudendo, finito l’immaginare, finita la festa.”

Da “Verso la foce” di Gianni Celati

Il nostro breve viaggio si snoda in questo piccolo lembo di Bassa Padana che dalla centuriazione romana ad oggi ha costruito la sua identità. Con un infinito lavorio generazioni di uomini e di donne hanno creato un paesaggio che per la sua particolarità ha attirato numerosi registi con l’idea che questi  luoghi potessero generare personaggi e storie uniche ma al contempo universali. Volutamente, è un percorso chiuso, “Da Dosolo a Dosolo” appunto, che si conclude all’imbrunire, quasi metafora della giornata lavorativa, perché il lavoro era ed è il senso della vita da queste parti. Il paesaggio è una geografia volontaria, specchio dell’organizzazione della società che lo ha prodotto mentre il cinema è lo sguardo e l’attenta ed inalterabile memoria visiva nel quale lo spettatore si vede vivere. Il cinema è il documento che ci consentirà di focalizzare, a volte in modo spietato, le trasformazioni più o meno profonde perpetrate sul corpo di questo territorio che rischia la perdita della propria identità.

ITINERARIO

Dosolo

Dosolo in Monella di Tinto Brass è il campo medio di Piazza Castello con il suo storico portico proporzionato e ben curato, sguardo parziale che esclude il non gradito. Anche il banale trucco dell’ombrello, può essere utile per celare la tapparella contemporanea.

Dosolo in Novecento di Bernardo Bertolucci è la primavera del ’45, prima in campo lungo  sulla golena e poi in campo lunghissimo sulla campagna adiacente all’argine. Il film è del 1976 e il paesaggio padano non era ancora stato toccato da trasformazioni brutali, agli occhi di Bertolucci  si presentava come poteva essere nei primi decenni del ‘900. Lo stesso Bertolucci infatti dice: “In Novecento io avevo bisogno di un microcosmo che in qualche modo però fosse anche assoluto e quindi diventasse macrocosmo. La Bassa  se ci stai dentro, non ha confini, non vedi monti, tranne in rarissime giornate estremamente limpide dopo piogge torrenziali…non esistono punti di riferimento, se non filari di pioppi, se non cime di campanili, voglio dire che la Bassa è quello che volevo io, un microcosmo che desse la sensazione dell’universo”. Ora se osserviamo questo spazio notiamo che l’abitato si è dilatato, che la tessitura dei coltivi si è impoverita, che la “piantata” su campi allungati e “baulati” di vitigni maritati a sostegni vivi di gelsi e olmi è sparita. Un meraviglioso universo scomparso  e con lui conoscenze e tecniche millenarie.

Pomponesco

Location di numerosi film (Strategia del ragno, Don Camillo, LigabueMonella,  Malaria) ma solo nella riduttiva porzione della grande piazza rettangolare perimetrata dai bei palazzi non umiliati dal nuovo.         Sempre uguale a se stessa se non fosse per la colorazione maquillage un po’ volgare , come il trucco pesante sul volto di una vecchia signora, di qualche palazzo che vi si affaccia. Nessuna inquadratura è abbastanza ampia da includere il camino dell’insediamento industriale che è a soli 500 metri in linea d’aria dal bel nucleo addormentato.

Viadana

Location di una sequenza minore dello sceneggiato Ligabue di Salvatore Nocita. Il campo medio inquadra la testa di ponte e una copia di barconi entrambi di cemento. La sequenza, pur nella sua scarsa importanza, rappresenta un documento che ci permette di osservare oggi tutte le offese recate al Po negli ultimi 50 anni: le sproporzionate escavazioni in alveo che hanno  abbassato il fondo di quasi 4 metri, il vistoso inquinamento delle acque, la sparizione delle alzaie e dei filari di pioppo, l’inserimento di costruzioni artificiali sulle rive e la sparizione dell’isolone. Offese queste che meriterebbero almeno la stessa punizione toccata a Fetonte caduto nelle acque del grande fiume per aver condotto maldestramente il carro del Sole!

Sabbioneta

Set straordinario e magico di numerose pellicole dagli anni ’60 ad oggi: La Parmigiana, Le stagioni del nostro amore, Strategia del ragno, Incontro, Il potere, Povero Cristo, La Certosa di Parma, I promessi sposi, Marquise, Amor nello specchio. Quattro di questi film sono in costume ecco dunque la scelta di uno sfondo rinascimentale sostanzialmente intatto.   Per Bertolucci in “La strategia del ragno” del 1970 , Sabbioneta è Tara, un mondo  fuori dal tempo in cui si arriva ma da cui non si parte, in cui la leggenda dell’eroe antifascista Athos Magnani, padre del protagonista, ha la meglio sulla grande storia e sulla realtà. Bertolucci però, ricava anche spazi per narrare una vita agraria sempre uguale scandita solo dall’alternarsi delle stagioni e da riti culturali come l’ascolto della musica da melodramma di Verdi.

Breda

Anche il campo lungo sulla fornace di Breda, posta a sfondo di una distesa di granoturco, diventa il simbolo di un mondo perduto e la preveggenza di un lavoro che da lì a pochi anni sarà in via di estinzione. Sul nostro territorio, le fornaci con i loro camini assumevano, al pari dei campanili, un carattere monumentale e di riferimento nello spazio piatto. Luoghi di produzione della pianura alluvionale che ne forniva la materia prima per la costruzione del laterizio. Rosso connotato cromatico, del lato artificiale, che associato al verde della pianura dà un effetto complementare di contrasti netti, possibile metafora anche delle relazioni socio-politiche. Contrasti ora soppiantati dall’algido grigio del cemento. E pensare che da queste parti le nuance non sono mai piaciute! Ora il moncone del camino non è che lo spettro di un importante passato. I volumi che ospitavano la lavorazione e gli essiccatoi dei mattoni d’argilla, hanno  kafkianicamente   cambiato volto e funzione trasformandosi in un magazzino di mobili a buon mercato.

Commessaggio

P.P.Pasolini sceglie questo scorcio di Commessaggio per la seconda parte dell’incipit del suo film testamento: Salò o le 120 giornate di Sodoma, esattamente la scena del rastrellamento di alcuni maschi adolescenti in seguito vittime di gironi infernali inimmaginabili. Lo scorcio è un crocevia tra strade e via d’acqua, tra la campagna e l’abitato alle cui porte un chiesolino isolato assiste muto all’inesorabile svolgersi degli eventi. Insieme a pochissime altre sequenze, sono le sole girate in esterno, nel “bene” di quel millenario mondo agrario della Bassa che per Pasolini stava finendo. Il film è del 1975 e solo un occhio attento si accorge che il ponte non è più lo stesso e che la piccola radura tra la Bogina e il paese ora è un ordinato giardinetto a prato inglese con le sue graziose panchine. Il ponte è uno scempio strutturale al paesaggio, quello del film fu costruito nel 1583 in epoca vespasianea, tolto nel 1976 perché pericolante e sostituito con uno galleggiante su barche di cemento con tanto di gerani sul parapetto in stile “balcone tirolese“ non fa che da  prelude al carino maquillage cosmetico dello spazio antistante il paese.  Alcuni di questi cambiamenti non sono violenti ma sono piccole picconate alla memoria visiva del passato e della storia che questo “nuovo paesaggio” non  sarà più in grado di trasmettere!

Sabbioni

Nocita per la piccola sequenza “un quadro per dieci minestre” dello sceneggiato Ligabue sceglie la corte Mottella a Sabbioni.  Mottella, da “mut”, nome etrusco che significa altura emergente dagli acquitrini. Casa rurale del mezzadro, fusione di due unità quella abitativa e quella produttiva, incarnazione dell’autosufficenza. Oggi la corte rurale è in tutta la Bassa, il simbolo dell’abbandono: di un mondo, di un’economia, di un modello sociale ma soprattutto della lotta tra l’uomo e la natura fatta di cura  senza  alcuna sopraffazione. La natura, da queste parti sempre ostile all’uomo, si sta ingoiando la cascina facendo precipitare la tipologia del paesaggio delle golene dell’Oglio e del Po. Un tempo questa “Mesopotamia” pullulava di insediamenti che con il lavoro l’hanno valorizzata rendendola produttiva.

Torre d’Oglio

Molti i film che si sono serviti di Torre d’Oglio: I promessi sposi, Il goal del martin pescatore, Radiofreccia. Set dal carattere unico ed emergente. Siamo in pieno Parco Oglio alla foce del fiume che dietro l’angolo si butta nel Po che qui fa la sua virata più spettacolare: la curva 13. Questo, in Europa, è l’ultimo ponte in barche ma è anche l’unico che naviga! E’ considerato una rarità turistica tant’è che tutte le guide d’Europa lo riportano come punto ad alto interesse paesaggistico. Come ha detto  Paolo Rumiz in un suo articolo di Repubblica , questo luogo dunque non appartiene solo ai suoi abitanti o ai “ciclisti tedeschi che lo guardano rapiti, o ai cavallerizzi che vengono da ogni dove solo per sentire gli zoccoli sulle assi di legno” ma, soprattutto, appartiene alle generazioni che verranno. “Gli uomini che fino ad ora lo hanno accudito, i pontieri, sono stati le sentinelle e i depositari di conoscenze millenarie. Dai colori, dai rumori e dagli odori intuivano i movimenti delle acque e gli eventuali pericoli”. Sarà cancellato per sempre da una nuova infrastruttura che muterà i nostri sguardi, il nostro essere e il nostro agire futuro. Come ebbe a dire una volta Umberto Chiarini, grande conoscitore e appassionato di queste terre,      ” Questa scelta amministrativa rivela non solo ignoranza nei confronti di un territorio complesso e affascinante ma anche la fine di un’etica della manutenzione che è alla base della sopravvivenza del sistema padano.”

Borgoforte

Borgoforte  è l’autunnale set della scena finale del più bel film di Florestano Vancini: Le stagioni del nostro amore. Sguardo coraggioso sulla storia del paese a partire dalla propria storia privata e attraverso le stagioni della vita. La scena è girata in un autunno non ancora umido e nebbioso, tra le strutture leggere di una balera estiva sulle rive del Po che si vede scorrere sullo sfondo, a far da cielo i rami dei pioppi e l’imponente ponte di ferro della ferrovia, il padre di Vittorio, il protagonista, era capostazione. Nella scena: alcuni giovani che con la complicità di un juke-box cercano di prolungare la spensieratezza dell’estate, una signora anziana che è intenta a spennare una gallina e Vittorio che qui vive la sua intensa crisi di identità dettata dai conflitti culturali e storici del suo tempo. Oggi questa golena ha perso la sua peculiarità, i grandi fabbricati  voluti per governarci i motoscafi escludono la vista del fiume e la declassano ad anonima area artigianale.

Cizzolo

Set di alcune scene memorabili della vita affettiva di Ligabue lo sceneggiato di Salvatore Nocita. Con Cizzolo si chiude il nostro percorso, luogo emblema che da solo è in grado di raccontare ciò che è venuto meno negli ultimi trenta anni. Le molte e profonde crepe nella struttura di questo edificio-osteria,  “da Severo” nella realtà  e “da Cesarina” nel film, rappresentano tutti gli abbandoni , tutte le sconsideratezze e tutte le trasformazioni che hanno sfigurato la faccia e il corpo di questa Terra Bassa.