scritto, diretto  e interpretato da

 

Enrico Castellani e Valeria Raimondi

cioè i : Babilonia Teatri

 


 

Lui e lei e un groviglio di parole: violente, ironiche, dissacranti, in libertà. Lui e lei senza storie da raccontare ma con tanti stereotipi da distruggere. Lui e lei sotto un’insegna di tubi al neon da rivista che mimano atti erotici, magari aiutandosi con tubi flessibili e luminosi. Lui e lei che s’impadroniscono dello spazio con gesti enfatizzati, con coreografie danzate su una colonna sonora che mescola musica disco e salsa fino ad Antonello Venditti e al pop al rock senza dimenticare il punk. Lui e lei che inseguono il conformismo, i luoghi comuni, le violenze verbali e non, lo stupidario collettivo, il razzismo becero e qualunquista di cui è intessuta la nostra vita.

” made in italy è un groviglio di parole rubate al profondo Nord-Est.

Chi intende prenotarsi lo può fare scrivendo il proprio nome nello spazio commenti o inviare una mail a circologulliver.it

Guardati  il trailer dello spettacolo:  babilonia teatri – made in italy – YouTube

Recensioni scelte da Gulliver:

S. CHIAPPORI, MADE IN ITALY ADRENALINA PURA,                       “LA REPUBBLICA” ED. MILANO, 21/11/2008

Ha l’energia scatenata di un dj set e l’efficacia spiazzante di un blob teatrale che procede per furibondo accumulo di immagini. Con il risultato di trasformarsi nello specchio di un paese alla deriva tra razzismo e luoghi comuni, falsi miti e beceri status symbol, tormentoni televisivi ed arcaica difesa dei propri  confini, globalizzazione e mortificante provincialismo. Davvero da non perdere made in italy, lo spettacolo con cui l’anno scorso la compagnia veronese Babilonia Teatri si è aggiudicata il Premio Scanario. In scena Enrico Castellani e Valeria Raimondi (un’autentica rivelazione), autori e attori di questo spregiudicato catalogo della nostra stupidità quotidiana declinato nel montaggio serrato di una sarabanda di parole, locuzioni dialettali rubate dal profondo Nord-Est, aggressioni verbali e canzonette, bestemmie ripetute come le preghiere di un rosario e parossistici elenchi di volgarità consumate con indifferenza.
Uno spettacolo di adrenalina pura, teatralissimo pur nel suo impianto volutamente pop che miscela come un frullatore la materia tutt’altro che nobile di un’amanità della quale vorremmo dissociarci e che invece ci riflette impietosa, come la muta schiera di nani da giardino che affollano la gran scena finale.

F. CORDELLI, SPREZZANTE FEROCIA DI FRONTE AL DISAGIO,

IL CORRIERE DELLA SERA, 8 MARZO 2010

Approda a Roma Babilonia Teatri: un giovane ma già stimatissimo gruppo veronese composto da due persone, come la maggior parte dei nuovi gruppi. Si comincia in due, poi se le cose vanno bene i gruppi di ricerca si infoltiscono, ampliano il territorio del proprio intervento. Di Babilonia Teatri gli autori/attori sono Valeria Raimondi e Enrico Castellani. All’Auditorium hanno presentato il loro primo e più noto spettacolo, «Made in Italy», che vinse il premio Scenario 2007. in seguito hanno realizzato «Pornobboy» e «Pop Star». Ma è opportuno prima riferire del contesto in cui abbiamo potuto farne la conoscenza: un premio organizzato da Giorgio Barberio Corsetti. Sono stati selezionati 15 gruppi e ben 35 operatori provenienti da tutto il mondo hanno ieri assegnato proprio a «Made in Italy» come migliore dei concorrenti il premio di 10.000 euro. Si tratta di un’opera di promozione, verso teatri stranieri, di gruppi italiani che da noi non hanno udienza, o ne hanno ben poca. I 15 spettacoli li si sono potuti vedere nei palcoscenici dell’auditorium, a partire dal tardo pomeriggio e nell’arco di tre giorni. Ma per venire a «Made in Italy», dico subito che la fama di questo spettacolo è strameritata. Capita raramente di incontrare dei giovani così indifferenti a se stessi e, invece, così attenti alla realtà che li circonda. Di più: così percettivi, così cattivi, così all’altezza (nella critica) del disastro italiano, se non del suo orrore. Il punto d’osservazione è il linguaggio. Raimondi e Castellani non dicono niente di più di ciò che noi tutti i giorni diciamo. Che cos’è il made in Italy se non un’interminabile sequela di luoghi comuni, di ipocrisie e di menzogne?
Lo spettacolo si compone di sei scene. Alle spalle dei due interpreti,che all’inizio appaiono ingenui e nudi come Adamo ed Eva, c’è una luminaria da cui spicca una semplice mela. Nelle scene successive la luminaria offre immagini cangianti e tra una scena e l’altra i due si esibiscono (moderatamente) in una gestualità coatta non meno delle parole riepilogate, montate e tagliate in versi. Ecco, il segreto di «Made in Italy» è il montaggio di frasi che ovunque si ascoltano, per strada o provenienti dai pulpiti laici e religiosi, ne risulta un effetto dirompente, di sferzante umorismo, di sprezzante ferocia satirica. La scena numero 3, intitolata «La sacra famiglia», è tutta giocata sulle variazioni del numero 3 in un grande pezzo di letteratura, o di poesia, quale raramente si ascolta o si legge, nelle nostre scene o nei veri e propri libri di versi.

R. PALAZZI, PARLANO IN DIALETTO LE MISERIE D’ITALIA, “IL SOLE 24 ORE”, 23/11/2008

A testimonianza di un momento di grandissima vitalità della nostra scena, in cui nasce una quantità di giovani gruppi già dotati di una propria personalità e di un proprio linguaggio, andate a vedere made in italy, lo spettacolo di Babilonia Teatri che ha vinto il Premio Scenario nel 2007, e dopo aver girato per un gran numero di festival e rassegne è ora approdato al Teatro dell’Arte di Milano: è raro vedere una nuova realtà capace di uno stile così spiazzante e innovativo, così controcorrente rispetto alle tendenze oggi diffuse.
Mentre la maggio parte delle altre formazioni lavora sulla ritualizzazione del quotidiano o sulla sua esasperazione visionaria, loro optano per un pungente autoritratto satirico dell’Italia attuale, coi suoi vizi, le sue cadute di gusta, la sua assenza di valori. Mentre gli altri cercano di intrecciare teatro, danza, arti visive, loro puntano unicamente alla forza creativa ede eversiva della parola. Per giunta ( e l’ossevazione non suoni campanilista ) in una fase in cui il meglio viene dal Sud, raccontano con estro e cattiveria il Nord Est, la loro terra.
made in italy ( e già il titolo è una sintesi perfetta ) è uno spettacolo apparentemente fatto di nulla, tubi al neon, musiche martellanti e due attori -un uomo e una donna- che, per lo più immobili, protesi verso il pubblico lo investono con una serrata partitura verbale. Il testo, che alterna l’italiano al dialetto veronese, compone un caustico affresco di ciò che siamo usando solo spezzoni della parlata di ogni giorno, luoghi comuni, invettive razziste, slogan pubblicitari, ridotti a vacue filastrocche, macinati in un gioco di pure assonanze. L’impossibile impasto linguistico -monolocale o monovolume, baby bell e baby doll- coglie come in vitro l’immagine di un Paese volgare,schiavo di mode e pregiudizi, falsamente pio ma sempre pronto ad accanirsi contro albanesi, negri ed ebrei. Questa scrittura informale non ha nulla di cabarettistico: certe ossessive elencazioni, certe nudità, certe sonorità esagitate rimandano piuttosto a Rodrigo Garcia. E forse in effetti l’artista argentino è stato fra i modelli degli autori-interpreti, Enrico Castellani e la bravissima Valeria Raimondi.
Il gelido distacco dell’enunciazione non tragga in inganno: anche se privo di struttura , il canovaccio è regolato da un crescendo precisissimo, e ricco di invenzioni: oltre agli extracomunitari che parlano la loro lingua ma bestemmiano in italiano, è davvero folgorante-nella sua oggettività- l’emblematico passaggio fa Fabio Caressa che celebra la nazionale campione del mondo al funerale di Pavarotti. E quel finale silenzioso, con la luce che cala su una folla di Biancanevi e nani da giardino, è impeccabile, un piccolo capolavoro.